Le cause della malattia per l'Ayurveda


Secondo la medicina tradizionale indiana (Ayurveda), le cause che portano l'individuo ad ammalarsi sono da attribuire a tre fattori fondamentali: l'ereditarietà, il pensiero e l'alimentazione. (Per un'ampia selezione di libri sull'Ayurveda clicca qui)


Ereditarietà
E' data prima di tutto dal patrimonio genetico dei genitori poi, una volta avvenuta l'ovulazione, è la madre che trasmette al feto ogni suo stato emozionale, favorendo in lui la tendenza alla salute o alla malattia, che colpirà quelle parti del corpo più deboli perché già predisposte dalla "matrice" iniziale.

Pensieri
Tutto ciò che pensiamo influisce sul nostro comportamento e di conseguenza su tutta la nostra esistenza. Pensieri positivi nei confronti della vita svilupperanno senz'altro valori positivi. Gli orientali affermano che la causa principale di ogni malanno è l'ignoranza: dall'ignoranza nascono tutti i pensieri negativi quali l'odio, l'invidia, l'arroganza, che sfociano in manifestazioni violente, contro se stessi e contro gli altri, creando la base della malattia, che può essere fisica e/o mentale.

Alimentazione
Ogni alimento che introduciamo nel nostro corpo si trasforma e diventa parte di noi. E' perciò fondamentale scegliere con immensa cura ciò che mangiamo e altrettanto importante è il modo in cui ci nutriamo: se prepariamo il cibo con amore mangeremo quell'amore, se è fatto con rabbia, quella rabbia entrerà in noi. E con questo ultimo pensiero possiamo capire il perché Yoga e Ayurveda condannano la carne: a eccezione degli animali che muoiono in incidenti improvvisi, tutti gli altri percepiscono la loro morte, sentono quando l'uomo li avvicina per ucciderli, di conseguenza tutto il loro organismo si riempie di quel terrore di morte violenta. I non vegetariani sostengono che l'uomo è per sua natura onnivoro, ed è vero, ma avendo in la capacità di "scegliere" tra tutto ciò che può mangiare, proprio attraverso il ragionamento gli è data la possibilità di discernere ciò che va meglio per lui.
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Rinfrescarsi con Sitali Pranayama


Sitali Pranayama è una pratica di Kundalini Yoga ben nota. Lenisce e rinfresca la colonna vertebrale nelle zone della quarta, quinta e sesta vertebra. Queste, a loro volta, regolano l'energia sessuale e digestiva. (Per un'ampia raccolta di pubblicazioni sul Kundalini Yoga acquistabili online clicca qui) 


Questo tipo di respirazione è spesso usata per abbassare la febbre; ha grande potenza di ringiovanimento e di disintossicazione se praticata regolarmente. Fare 52 respiri al giorno può estendere la durata della vita. Spesso la lingua può avere un sapore amaro in un primo momento. Questo è un segno di intossicazione. Continuando la pratica il gusto della lingua si addolcirà.

Come fare: Siedi in una comoda postura meditativa con la spina dorsale diritta. Fai sporgere la lingua in fuori oltre le labbra e con la stessa cerca di formare una "U". Inspira profondamente e uniformemente attraverso la lingua messa ad "U" e la bocca; espira uniformemente attraverso il naso. Continua ad inspirare dalla bocca e ad espirare dal naso per 5 minuti. Per finire, inspira dalla bocca, ritira la lingua dentro la bocca e rimani in apnea per qualche secondo poi espira dal naso. Ripeti l'intera procedura per altri due periodi da 5 minuti ciascuno.

Insegnamento di Yogi Bhajan del 30/7/1980
Tratto da Sadhana Guidelines; Traduzione di Onkar Singh Roberto
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Che disgusto !


L’animale in questione sta ancora masticando ignaro e tranquillo la sua quota di fieno sulla mangiatoria. Non sa ancora che la sua sorte è segnata, e che qualcuno ha già deciso per lui la data e l’ora del patibolo.


Ma, non appena se ne accorge grazie alle sue sensibilissime antenne telepatiche, i suoi muscoli già induriti dalla immobilità della stalla-carcere, si bloccano del tutto per un paio di giorni almeno e la sua carne diventerebbe durissima e inutilizzabile dopo l’assassinio in tale stato.

Per renderla meno dura, per far sì che la sua bistecca diventi più morbida e masticabile, l’animale viene lasciato a digiuno prima della barbara esecuzione. Con questo stratagemma, diminuisce la concentrazione di proteine fibrillari, cala il glucosio nel sangue e aumenta l’acqua trattenuta nella muscolatura. E, mentre l’anima sua vola al più alto dei cieli indurita dalle sofferenze inflittegli, la sua carne rimasta in terra a disposizione dei carnefici diventa a sua volta più tenera e delicata.
Dopo il rigor mortis, inizia il processo di frollatura, che è una brevissima stagionatura volta a rendere la carne ancora più molle, e che prelude alla vera e propria putrefazione. Guai permettere però che la putrefazione avvenga a quel punto. Sarebbe come far perdere ogni valore commerciale al pezzo di cadavere che si sta maneggiando. Occorre giostrare in modo opportuno tra mollezza e putrefazione, col prezioso aiuto del freddo, esattamente come si fa nell’autopsia di una salma, per determinarne le ragioni reali della morte o le condizioni reali dello scomparso al momento del decesso.

La putrefazione deve avvenire non all’esterno, ma all’interno del corpo di chi mangerà quel brandello di cadavere. Il disfacimento, lo schifo, l’orribile puzzo del disfacimento, deve avvenire all’interno dell’uomo, dove ci sono le condizioni ideali di caldo e umidità per la disintegrazione di tale ordigno ecologico. Così il cliente paga e riempie il proprio tubo gastrointestinale di fetore e di veleni, mentre il macellaio sorride e si guadagna il suo soldo.

L’oltretomba del povero animale eliminato finisce per essere situato nell’apparato intestinale di qualche manciata di uomini disposti a fare da cimitero chimico collettivo per i suoi resti. La carne diviene sempre più flaccida e cedevole man mano che avanza il processo di disgregazione cellulare e di disfacimento proteico ....

(tratto da "L'avvelenamento e il doping da carne" di Valdo Vaccaro )

Per un'ampia selezione dei libri di Valdo Vaccaro, vedi qui.
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