La libertà di scegliere la felicità


Sentirsi scoraggiati, miseri e depressi è una storia che possiamo riscrivere se scegliamo di farlo. La depressione (diversa dalla depressione clinica) è un'attitudine che può diventare un'abitudine. Anche la felicità è un'attitudine che può diventare un'abitudine. (Per un'ampia raccolta di pubblicazioni sul Kundalini Yoga acquistabili online clicca qui)



C'è un fantastico enigma Zen che suona più o meno così: immaginate un'oca intrappolata in una bottiglia. La bottiglia ha un collo molto sottile (suppongo che possiate definirlo un collo di bottiglia a forma di collo d'oca). L'enigma è: "come tirate fuori l'oca dalla bottiglia senza ferire l'oca o rompere la bottiglia?" La risposta è semplice (e non vi farò meditare per 20 anni per capirlo): tirate fuori l'oca dalla bottiglia nello stesso modo in cui ce l'avete messa.

Questo non è dire che la depressione è immaginaria; noi la sentiamo bene. Ma dobbiamo restarci aggrappati? Stati d'animo, sensazioni, emozioni, dolore e piacere sono solamente onde di pensiero nella mente (a volte provocate da cambiamenti ghiandolari). A volte possiamo controllarli facilmente, a volte no. Ma se bisogna credere alle filosofie di Patanjali e dei Vedanta, non importa quali tipi di samskara (schemi mentali) portiamo in questa vita, essi possono essere cambiati, così come creare nuovi canali presso un argine può cambiare il corso del flusso dell'acqua. Cantare e meditare crea nuove strade per far viaggiare la nostra energia mentale ed emozionale. Usando questi strumenti abbiamo il potere di scegliere un piacevole percorso di gioia e felicità in ogni determinato momento delle nostre vite. Non importa come siano le circostanze esterne; è la mia percezione che crea la mia realtà.

Le persone dicono di voler essere felici, ma il problema è che spesso noi non vogliamo realmente uscire fuori dalla nostra miseria. Triste ma vero, c'è una bizzarria in ognuno di noi (senza dubbio nel subconscio) che ci fa pensare che ci sia qualcosa da guadagnare nell'essere infelici e lamentosi. Forse l'abitudine è iniziata nell'infanzia quando noi ottenevamo attenzione - e generalmente immediata gratificazione - piangendo. I neonati piangono quando sono bagnati, affamati, stanchi o solamente inquieti. Sappiamo che il pianto di un neonato è l'unico modo di comunicare i suoi bisogni, così ci affrettiamo a confortarlo ed a consolarlo.

Ouspensky, il filosofo mistico russo, parlava dei molti sacrifici che le persone vogliono fare per imbarcarsi in un cammino spirituale, ma diceva che c'è una cosa che rifiutano di abbandonare: la loro sofferenza! Naturalmente ci sono volte in cui la tristezza e la sofferenza sono quasi inevitabili; sono una parte valida dell'esperienza umana. Ma queste sono - o dovrebbero essere - emozioni transitorie che riconosciamo per quello che sono - esperienze temporanee. Ma quando essere infelici diventa un'abitudine, allora siamo nei guai. La depressione è un'abitudine. Può essere cambiata, così come tutte le abitudini possono essere cambiate, sostituendole con un'abitudine diversa.

La felicità è un'abitudine di vedere il mondo e sè stessi nel modo più positivo possibile. E' uno sforzo ripetuto per trovare la gioia ed il piacere, il buono in ogni situazione. E' nutrito da un'attitudine di gratitudine. Così che dire se la gente vi chiama Pollyanna? Solo perché la miseria ama la compagnia, ciò non significa che voi dobbiate unirvi alla folla.

Dio viene definito nella filosofia Vedanta come Sat-Chit-Ananda: Verità, Conoscenza e Grazia. Così più facciamo esperienza del Dio interno, più felici diveniamo. Una volta accettate queste premesse, mi sono trovata incapace di crogiolarmi nella palude dell'autocommiserazione in quelle occasioni in cui mi sarebbe sembrato giustificato e appropriato lamentarmi del mio destino.

Ho dovuto ammettere che se ero infelice era per colpa mia. Se mi sentivo infelice, significava che evidentemente non ero in contatto con la mia anima. Se uso la mia volontà per esercitare il potere di scelta donatomi da Dio, nessuna circostanza, persona o situazione esterna può controllare le onde-pensiero nella mia mente. Osservando lo scenario della mia vita scorrere sullo schermo della mia mente, devo semplicemente cambiare canale.

Molti anni fa, quando stavo appena imparando ad applicare i principi del pensiero positivo, provai a cantare affermazioni positive ancora e ancora, con le lacrime che mi scorrevano sul viso, guidando verso un lavoro che odiavo. Non sorprendentemente, cambiai la mia percezione e di conseguenza il mio umore. Recentemente ho letto un articolo che diceva: "Se stampate un sorriso sul vostro volto ogni giorno, non importa cosa accade, prima o poi ci si adatterà." Swami Vivekananda pensava che se non potete uscire ed incontrare il mondo di buon umore, dovreste restarvene a casa e non inquinare l'atmosfera con la vostra negatività. I sorrisi sono contagiosi - altrettanto lo sono i cipigli.

Quando incontrai Yogi Bhajan, lui mi disse: "Se vuoi essere felice, dimentica te stessa e servi gli altri." E mi dette una via per il servizio; mi dette il privilegio di insegnare Kundalini Yoga. Insegnare è stata una delle mie più grandi gioie. Come molti di voi sapranno, il giuramento di un insegnante di Kundalini Yoga è: "Non sono una donna, non sono un uomo, non sono una persona, non sono me stesso, sono un Insegnante". E questa affermazione di "dimenticarsi di sé stessi" produce la magia di permettervi di essere uno strumento per portare speranza ed ispirazione agli altri, così come per condividere una tecnologia che trasforma la vita. E, naturalmente, questo vi fa sentire meravigliosamente.

Shakti Parwha Kaur Khalsa (3HO - Aquarian Times 2001)
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